♰ Capitolo 3: Il bracciale di giada♰ 

azrael

Io e Sethar ci fissiamo nel silenzio sospeso della mia camera, come se entrambi fossimo in attesa di qualcosa.

Di vedere chi tra noi due peccatori cederà per primo, corrompendo se stesso.

Non dovremmo essere qui.
Non con la porta chiusa.

Ma Sethar non se ne va.

Rimane immobile, con le braccia incrociate e lo sguardo che mi scivola addosso.

Ancora e…
Ancora.

Indiscreto.
Perverso.
Molesto.

E…
lo ammetto.
Mi piace da impazzire.

Questo lato di lui mi fa contrarre le gambe per l’eccitazione.

Scosto i capelli dietro l’orecchio mentre parla.
«Sai che non puoi guardarmi così, fratello.» lo richiamo alla ragione, cercando di mantenere una voce quantomeno autoritaria.

Ma lui inclina appena il capo, come se ignorasse quell’ammonimento.

Qualcosa in lui è cambiato.
Ma cosa?
E perché proprio adesso?

Si inumidisce le labbra.
Lo fa quando è turbato.
Quel piccolo gesto lo conosco bene.

«Se non vuoi che ti guardi così, sorella, allora dovresti metterti qualcosa addosso, no?.»

Colpita.
E affondata.

La mia bocca si spalanca.
Sono incredula.

Non mi aveva mai rivolto parole così dirette prima d’ora.

Tra noi era sempre rimasto tutto vago.

Altre volte mi aveva già vista in vestaglia.

Perché adesso si comporta così con me?
Perché sembra adesso interessato al mio corpo?

Forse si è finalmente deciso a darsi una mossa solto perché sa che adesso mi sta perdendo: ora che sto abbandonato la casa di famiglia per andare al college teme che io possa all’improvviso dimenticarlo.

Magari innamorandomi di qualcun altro.
Qualcuno della sua età.
Uno come lui.
Magari anche migliore.

Credo che non possa tollerare l’idea di perdermi.

Sì, deve essere così…
Sethar ha paura di essere sostituito.

E adesso si sta finalmente accorgendo di me.

Fisso le mie mani per cercare una distrazione dal suo sguardo indiscreto sul mio corpo.

Quello sguardo che fa arrossare le mie gote innamorate di lui.

Sono piccole, le mie mani.
Inadatte agli incantesimi potenti.
Inutili quando devo impugnare un koto o uno shamisen.

Con quei mignoli troppo sottili che sembrano appartenere a quelli di una bambina di dieci anni, e non a una ragazza matura come dovrei essere in realtà.

Semplicemente ridicoli.

Lo smalto nero è ormai quasi andato via.
Lo metto di nascosto, anche se so che non dovrei. Anche se so che la cosa infastidisce la mia famiglia.

Lui lo nota sempre, Sethar, e mi fa sentire in colpa per questo.

Ma sotto sotto qualcosa mi dice che un po’ gli piace vedermi con quello smalto.

Perché è la prova della mia disobbedienza verso nostro padre Azrael che lui venera come Dio, e che non ha mai il coraggio di deludere.
Per questo credo che in fondo gli piaccia questo lato ribelle del mio carattere.

Lo intriga, lo eccita, lo so.

Credo che pensi a me quando rimane da solo nella sua stanza.

Chissà se pensa al mio smalto quando rimane da solo nella solitudine del suo letto.
Quando nessuno lo guarda.

Ed è libero di pensare a me.

Magari di toccarsi.
Come mi tocco io quando penso a lui.

Mi do uno schiaffetto metaforico e ritorno alla realtà.

Sethar dice sempre di amare le ragazze con poco trucco.
E io sono d’accordo con lui.
Neanche a me piace.
E infatti lo accontento.
Mi fa sentire finta.
Ma le unghie nere sono diverse…

Le ammiro un’altra volta e me ne compiaccio tutta.

Perché, beh, loro sono il mio tratto distintivo: l’unico modo che ho per ricordare a me stessa che, sotto tutta questa purezza che cercano a forza di inculcarmi, c’è una parte oscura di me che urla di continuo di uscire.

Lo indosso per questo.

Per ricordarmi di ciò che sono in realtà: oscurità; celata da infinite preghiere e convenzioni che fingo di rispettare, ma che in realtà mi annoiano a morte.

Un pensiero forse un po’ blasfemo.
Eppure tutto mio.

Unico e reale.

Sethar fa due passi lenti verso me.
E io so già cosa sta per accadere.
Non aspetto altro che questo momento da tutta la vita…

Un suo bacio.
Sulle labbra.
Finalmente sta arrivando.

«Sembri agitata, sorella: stai tremando» mormora, impaziente; con un ghigno quasi divertito.

«Sento freddo.» rispondo.
mentendo.

Ovviamente è una bugia.
Anche se immagino che lui sappia perfettamente che non è per il freddo che tremo, ma è per lui.

Che mi fa sentire in quel modo.

Trema il mio petto piatto e acerbo, tremano le ossa fragili, la pelle che non vuole altro che le sue carezze adesso.

Ma io non sono come le altre e non so se alla fine riuscirei a soddisfarlo.

Non ho le curve morbide che piacciono agli uomini, seni prosperosi, labbra carnose e ciglia folte.
No…
E per tutto questo tempo pensavo di essere solo invisibile per lui.

Snella, piccola, banale…  con un seno ridicolo, piatto, quasi invisibile.

Eppure lui…

Lui ora mi sta guardando come si guardano le donne attraenti.
Cosa che non avrei mai pensato di poter essere nella vita agli occhi di un uomo.

Sethar ferma il suo lento avanzare.
Si inginocchia davanti a me, adagiando la testa sopra le mie gambe, mentre con le mani mi avvolge in un abbraccio che non so decifrare…

Fraterno o qualcosa di più?
Non lo capisco mai.

Inizio a essere stanca di tutta questa indecisione tra noi.

Voglio che lui faccia una scelta tra me e il bene.
Tra me e Dio.
Tra ciò che è bene e la lussuria che entrambi proviamo.

Posso sentire il profumo della sua pelle candida che sa d’incenso: l’odore di chi non è stato mai corrotto dal peccato.
Fino a questo momento, almeno.

Lui ansima parole dolci a un passo dalle mie labbra.
«A volte mi chiedo se tu non sia già caduta nel peccato, Nym» dice piano, come se non volesse che ascoltassi davvero.
«Caduta nel peccato?» ripeto, un po’ intontita, fingendo di non capire che cosa davvero intende.

Anche se, in fondo, lo capisco bene.

Allude al fatto che io possa aver corretto me stessa con un altro ragazzo del tempio.

Lui sfiora la mia veste leggera sollevandola per tastarne il tessuto fresco.
Come se godesse per quel tocco leggero.
Poi accarezza delicatamente le mie gambe in un modo sempre in bilico tra ciò che può essere affetto fraterno e qualcosa di inconfessabile.

Qualcosa di proibito.

Qualcosa che so lo sta facendo fremere tra le gambe come sto facendo anch’io.

Con una mano mi tocca il viso mentre aggiunge:
«Caduta nel peccato, sì, Nym… »Per come mi guardi, sai, per come mi fai venire voglia di mandare ogni cosa all’aria…» si interrompe; come se temesse di continuare.

Si sistema i pantaloni come se dovesse contenere il suo istinto di avermi adesso.
Su due piedi.
A un passo dal mio letto.
E nella mia stanza.
Con il poster di Damiano che ci guarda.
Probabilmente sconvolto.

«Non mi era mai successo, Nym; che cosa mi fai…» prosegue.

Detto con quel tono.

Che semplicemente mi spiazza, lasciandomi senza parole.

Deglutisco.
Non so che dire.

La logorroica Nym è rimasta senza fiato per la prima volta nella sua vita.

Il mio cuore non hai mai sussultato così forte.

«Certo… che… non sono “caduta” nel peccato, Sethar. Altrimenti non avrei più i miei poteri, ricordi?»
Balbetto.
Incapace di argomentare un discorso serio.
Non mi arriva ossigeno al cervello in questo momento.

Lui sorride soddisfatto.
Alleggerito da quella rivelazione che deve essere per forza la verità.

Dopotutto, se non fossi più vergine, non avrei i miei poteri.

«Eppure sei troppo maliziosa, Nym, per essere una vergine, sai?».

Altra pausa.
Altra riflessione.

Sta per caso flirtando con me?!

Non ci posso credere!

Quel sorriso torvo che mi regala è cosa nuova e inaspettata sul suo volto.

Muove ancora le labbra per parlare.

«Sicura di non aver fatto proprio nulla ai nostri cugini con le mani?».

Non capisco cosa intende.

Cosa si può fare con le mani?

Ma non mi dà il tempo di interrogarmi troppo sulla cosa, perché afferra il mio braccio con forza.

In un modo che non è da lui.

«Sai, Nym, tu sei la sola che invoco tutte le notti nei miei sogni, da anni, e mi maledico ogni giorno per ciò che provo ogni volta che ti guardo quando preghi da sola al santuario. Sei come un demone succube che tenta l’uomo di continuo e da cui so che non resisterò a lungo.»

Chiudo gli occhi.

Mi maledico anch’io.
Perché ha ragione…

Provo anch’io per lui la stessa cosa.
Da sempre.

Lui avanza ancora e io…
Finalmente sto per baciarlo.

Ma Sethar si alza.
Mi lascia lì come una scema spezzando quel momento magico, surreale, quasi onirico, che si era creato tra noi.

Sembrava uno dei miei tanti sogni che avevo indirizzato a lui nel buio e nella solitudine della notte.

Ma che adesso è tutto vero.
Ed è anche tutto finito.

Il nostro amore, la nostra passione bruciante, è durata solo per qualche istante, come la vita delle cicale in estate, per poi tornare tutto come prima.

«Vado, Nym, prima di pentirci entrambi.»
Torna con il suo solito autocontrollo.
E con una mano, affonda le dita tra i miei capelli neri, disordinandoli.

Un gesto affettuoso.
Di nuovo fraterno.
Di nuovo in bilico tra sacro e profano.

Per confondermi ancora.

Non capisco più quali siano le sue vere intenzioni…

Mi vuole oppure no?
Siamo destinati a stare insieme oppure no?
Il filo rosso del destino che lega le anime gemelle ci lega davvero, o è solo una cotta momentanea che un giorno sparirà condannando questo amore all’oblio?

Non so…Ma ciò che so è che adesso sono pietrificata dopo il suo tocco.

Lo vedo andare via senza dire una parola.
Non faccio nulla per fermarlo.
E la cosa non è da me, lo so. Ma mi sento come se fossi vittima di un incantesimo: l’incantesimo dell’amore che ti lascia inerme davanti a ciò che provi.

Mi credevo una ragazza più disinibita. Invece davanti al primo tocco da parte di un uomo, mi sono sentita fragile come mai mi sarei aspettata di essere.

Resto ferma per lunghi istanti, a guardare la porta che si chiude dietro di lui.

Il suo profumo mi resta addosso, incollato come un marchio maledetto.

Sento ancora le sue dita tra i capelli, il suo tocco, anche se non c’è più, e non so se voglio levare via da me quel ricordo o custodirlo per sempre dentro me.
Come ciò che ho di più prezioso.

Scuoto la testa e decido di darmi una mossa: devo sbrigarmi, e adempiere ai miei doveri di figlia nei confronti di Azrael.

Il college mi aspetta.

Non ho tempo per le fantasticherie romantiche al momento!

~FINE PRIMO CAPITOLO
👇 SECONDA PARTE.

♰ Capitolo 3: Il Bracciale di Giada — Parte 2♰

Mi lascio Sethar alle spalle e apro l'armadio in fretta e furia

Mi lascio Sethar alle spalle e apro l’armadio in fretta e furia.
Sono un po’ emozionata.
In fibrillazione per questo nuovo inizio.

La divisa è lì, pronta e stirata in attesa di essere presa per la prima volta.

Nera come una notte senza luna, con ricami d’argento che si intrecciano a formare simboli arcani che ancora non so ancora leggere — o che probabilmente ho dimenticato — ma che in qualche modo mi sembrano stranamente familiari.

Simboli che scompaiono non appena la indosso.

La afferro con mani tremanti per l’emozione.
Il tessuto aderisce alla pelle nuda come se mi riconoscesse.

Come se mi appartenesse da sempre.

Come se non fossi la prima volta ad usare quell’indumento.

Poi mi guardo allo specchio.

Non vedo una sacerdotessa.
Vedo solo un’orfana.
Una ragazza in bilico tra due mondi: quello immutato che ha sempre conosciuto e quello che oggi sarà obbligata a conoscere.

Poi mi sorge un pensiero strano, rimirandomi allo specchio:

“Chi mai avrà progettato una divisa del genere?
Una divisa tanto inappropriata?
… Di sicuro un uomo perverso con il fetish per le suore e le gothic lolita!

La cosa mi imbarazza.

In questo momento mi sento molto sessualizzata gratuitamente!

Ma immagino, dopotutto, che “de gustibus non disputandum est”

Certe volte mi sembra di essere come la protagonista stramba di qualche dark romance gotico dove accadono cose strane.

Roba da situation comedy di bassa lega.

Meglio non pensarci!

Sembra una divisa adatta per una sfilata satanica organizzata da Dior.

Praticamente la mia estetica ideale.

Con questa uniforme potrei di sicuro stordire i demoni a colpi di cringe.

Potrei affrontare tranquillamente un esorcismo o…
un primo appuntamento!

Sperando siano due cose diverse.

Ma no…
Non c’è nessun rischio di sedurre o attirare i demoni: con la mia magrezza sono sensuale quanto un’ostia durante una messa quando nel frattempo stai morendo di fame.

Nel college ci saranno sicuramente ragazze molte più appetibili di me.

Con divise molto più sensuali.

Non ho nulla di cui preoccuparmi!

Sfilo la camicia da notte, la mia preferita: bianca con ricami graziosi di fiori e uccelli in volo. Ma ciò che vedo in me stessa non mi piace: troppo magra, troppo fragile.

Io invece vorrei essere forte.

Forte come gli altri.

Forte come quelli che, avendo avuto una famiglia che li ha amati si sentono invincibili.

… un giorno dimostrerò agli altri di esserlo anch’io, nonostante tutto.

Lo farò a qualsiasi costo.

Mi motivo così.
Ripetendomi che ce la posso fare.
E questo basta e avanza per non farmi seppellire viva dai pensieri negativi.

Completo la vestizione in silenzio.
Il tessuto non nasconde niente.
Sembra esporre al mondo tutto ciò che sono: una ragazza non seducente.
Banale e puritana.

Con un velo nero di pizzo bianco, sì.
I pizzi rendono tutto un po’ più carino.
Ma non sono abbastanza sensuale da essere appariscente.
Questo lo capisco da sola guardandomi.

Chissà se Sethar vedendomi così proverebbe lo stesso qualcosa…

No.
Mi rispondo da sola.

Perché questo seno piatto è un ostacolo a qualsiasi forma di seduzione.

Altro che prima, seconda o terza…
Io ho la retromarcia!

E altro che femme fatale…

Io rischio una fatality in stile mortal kombat direttamente dal mio specchio ogni volta che mi guardo!

Le altre ragazze sembrano già tutte sviluppate: con i fianchi perfetti e le labbra piene, sensuali.

Io… io ho solo queste mani piccole, queste unghie smaltate male e una fragilità fisica che non corrisponde a quella del mio carattere.

Le altre ragazze hanno la sensualità. Io ho… i traumi non risolti, daddy issues, e occhiaie a forma di mezzaluna.

Intrigante sì, ma non abbastanza da attrarre un primo bacio.
O un primo tocco da parte di un uomo.

Ma non ci penso.

Mi sistemo i capelli come posso.
I miei capelli indisciplinati che si scombinano da soli anche pettinandoli centinaia di volte.

Li lego con un nastro, in una acconciatura bizzarra e graziosa, in contrasto con la purezza della divisa.

Nero: mood del giorno.
Funerea ma fashion.
Come sempre.

Perché è meglio essere depressi con stile.
Quello non deve mancare mai.

Sì, oggi non intendo indossare il velo sulla testa come le esorciste per il mio primo giorno di scuola.

Voglio osare.
Voglio essere attraente.
Attraente per i maschi.

Perché magari oggi, al mio primo giorno tra loro, conoscerò qualcuno di speciale e voglio apparire al meglio.

E chissà…
Magari scatterà quello che più bramo.

Un primo bacio.
O qualcosa di più.

Magari tra gli angoli più appartati del college.
Magari incontrerò il mio filo rosso del destino.

E vaffanculo Sethar…
Che non si decide mai a fare una mossa con me!

Con lui si oscilla sempre tra l’incerto…
e l’incesto.

E di questo sono ormai stanca.

Ormai tra noi questa è una dinamica ricorrente.
E quel pensiero mi indispone.

Per questo esco dalla stanza sbattendo la porta, e mi dirigo da mio padre per un ultimo saluto.

I passi ovattati dei miei sandali con il tacco risuonano nel pavimento di legno del corridoio infinito del tempio.

L’aria è ancora tiepida, ma l’odore dell’autunno si fa già sentire: muschio, foglie secche, e un accenno di fumo d’incenso che proviene dal cuore del santuario.

Attraverso il primo cortile, poi il secondo.
Le campane non hanno ancora suonato, ma i monaci sono già svegli.

Li vedo già inginocchiati sotto le lanterne accese, immobili come statue, immersi nella preghiera.

Trovo mio padre nel giardino sacro, nell’angolo della preghiera riservata agli uomini, dove io non dovrei entrare senza permesso.

Ma siccome sono sua figlia, la sua preferita, la sua pecora nera ribelle, tutto mi è consentito.

Un piccolo laghetto al centro riflette il cielo del mattino. Intorno, gli aceri si stanno tingendo di rosso.

Le prime foglie cadono piano, sfiorando l’acqua.

Mio padre è lì, inginocchiato davanti alla statua del primo esorcista: Eliel.
Noi lo veneriamo.
Anche se, in teoria, l’idolatria è vietata secondo la nostra religione.

Tiene le mani giunte, ma non prega.
Si sta solo…
Ascoltando dentro.

Mi avvicino in silenzio.

La sua veste bianca color avorio si muove a causa del vento leggero.

I capelli lunghi e argentei sono legati in alto, raccolti con ordine come quelli di Sethar.

Ha l’aspetto solenne di chi è stato sacerdote per tutta la vita: indomato dal peccato, anche lui incorruttibile come mio fratello maggiore.
Tuttavia ha il cuore e l’espressione scavata di un uomo che ha perso troppo nella vita, anche se non ho mai capito cosa.

Mi inginocchio accanto a lui, rispettando il suo silenzio.

Non parliamo.

Per un istante ci limitiamo solo a guardare il lago in un momento piacevolmente intimo.
Poi, con voce calma, lui spezza il silenzio per primo:

«Non hai messo il velo oggi, Nym.»

Deglutisco.
I suoi rimproveri pesano sempre. Persino più di quelli di Sethar.

«No. È il mio primo giorno al College, Azrael. Voglio… solo essere me stessa.»

Lui non commenta.
Ma so che è deluso.

Mi fissa con quegli occhi chiari che sembrano sempre sapere tutto, ma che non giudicano mai in apparenza.
Anche so che in cuor suo lo fa.

«Essere se stessi in un luogo pieno di demoni è un rischio, Nym: potrebbero strapparti il cuore, lo sai.»

Quell’osservazione mi indispone.
Odio quando ha ragione.

«È da stupidi.» aggiunge, superbo, e la cosa mi fa digrignare i denti per la rabbia.

Ma stavolta non voglio essere modesta. Non voglio essere la figlia perfetta che lui si aspetta, e preferisco solo rispondergli a tono.
Essere me stessa.
«Sarò stupida, ma… fingere di essere qualcun altro lo è ancora di più, no?»
Una risposta superba.
Ma replico lo stesso, spavalda, con un sbuffo insolente.

Lui distoglie lo sguardo dal lago e posa gli occhi di ghiaccio su di me.

La cosa mi mette a disagio.

Poi, con un gesto lento, mi sistema una ciocca dietro l’orecchio.

Un gesto amorevole, caldo, intimo.
Che non è da lui.

«Che gli spiriti ti guidino e ti proteggano, Nym. E che tu non perda mai te stessa lungo la strada.»

Quanto è dolce il suo augurio.

Sorrido.
Lo abbraccerei, se potessi, ma so che non ama i gesti fisici.
E poi… ho paura che se lo stringessi troppo forte, potrei sentire quanto è stanco.
Malato.
Prossimo alla morte.

E quel pensiero per me sarebbe insopportabile.

Mi alzo, pronta ad andare.
Ma lui mi ferma, afferrando un lembo della mia divisa.

Mi volto.
«Aspetta» ordina.
Poi infila una mano nelle pieghe della sua veste bianca per afferrare qualcosa.

Qualcosa che desta in me una incredibile curiosità.

Per tutto quell’istante che pare infinito, non faccio che chiedermi che cosa starà mai custodendo in quella tasca di così prezioso.

Estrae un piccolo cofanetto di legno laccato, nero come l’inferno, lucido come la rugiada tra le foglie, di fattura risalente ad occhio al lontano periodo Heian.

È decorato con fiori e uccelli che si librano in volo.
Come la mia vestaglia preferiti.

Lo riconosco.

È l’involucro della sacra reliquia.

«È tempo che questo sia tuo, Nym. Oggi, che è un giorno importante, voglio farti questo dono.»

Trattengo il respiro mentre apro il coperchio tremante per l’emozione.
All’interno, su un letto di velluto cremisi, giace il bracciale di giada: un gioiello verde raffigurante un serpente che mangia la propria coda.
Lo stemma della nostra famiglia.

Il serpente.
Simbolo del peccato, della lussuria, e della tentazione. Ma anche il ciclo della vita, della morte e della rinascita.

Dell’infinito e dell’eterno ritorno dell’ uguale.
Insomma, tutta roba filosofica.

Tutta roba noiosa.

Spero proprio che questo oggetto sacro possa salvarmi dal mio ciclo infinito di disgrazie che mi capitano nel quotidiano e dal mio disagio esistenziale

Spero proprio che questo oggetto sacro possa salvarmi dal mio ciclo infinito di disgrazie che mi capitano nel quotidiano e dal mio disagio esistenziale.

<<Grazie, padre… >>
Mi viene da dire sarcastica mentre penso tra me:
“Lo indosserò anche nel giorno del mio funerale, quando mi seppellirete insieme a tutti i miei daddy issues e alle crush per la gente disfunzionale.”

Rido tra me per quel pensiero strano.

Sì, perché, di sicuro, dopo la morte, potrei innamorarmi di qualche fantasma defunto molto più vecchio di me.
Mi aspetto un epilogo del genere.
Dopotutto, se non ci sono almeno un paio di secoli di distanza, non è abbastanza sexy per me.

Stupida Nym sporcacciona!
Ecco ciò che sono.

È un po’ questo quello succede quando non hai figure di riferimento nella prima infanzia ad amarti, immagino.

Sei un po’ attratta da pseudo figure di riferimento, e un po’ da tutti quelli che potenzialmente potrebbero darti un po’ di amore o ricordarti la casa che non hai mai avuto.

Insomma, il bracciale di giada non è solo un oggetto bello e prezioso.
Ma è anche un oggetto sacro.
È un frammento di storia e per questo dotato di un’anima pensante come qualsiasi Tsukumogami.

Ovvero gli spiriti che risiedono in oggetti inanimati dopo aver trascorso almeno 100 anni.

Lui è proprio questo: uno tsukumogami.
Un oggetto vivo e che provvede protezione.

Lo sento da come striscia sul mio braccio che è così.
E che anzi, quell’oggetto mi vuole bene.

Forse questo mi farà sentire meno sola nel mio viaggio.
E mi proteggerà.

Tuttavia, se dovesse iniziare a parlarmi di astrologia o a fare body shaming in giapponese sul mio corpo per la mia magrezza, allora lo seppellirò vivo sotto tutte le offerte votive.

Spero almeno che non russi mentre dormo!

… E se dovesse iniziare a darmi consigli sentimentali come fanno Sethar o Azrael, che già mi vessano, giuro che lo vendo su Vinted a 100 yen.

Lo dico e lo faccio!

Quindi deve stare molto attento a come parla o striscia d’ora in poi con me.
Non ho paura di fare quanto dico!

Lo ammiro ancora un altro po’ e mi accorgo di quanto sia grazioso.

In certi istanti sembra che mi sorrida.

Stringerlo tra le mani è come sentire il peso di tutta la sua storia addosso.

«Lo conosci già» dice Azrael.
È la reliquia della nostra famiglia, forgiata millenni fa; è un oggetto raro: custodiscilo con rispetto»

Mi impone con voce appena udibile per non disturbare gli altri monaci dalla preghiera.

«Apparteneva ai primi membri della Casata del Sangue Vivo. Un ramo della nostra stirpe che praticava l’arte funeraria, quando ancora il confine tra vivi e morti non era ancora stato varcato e non era ancora possibile comunicare con l’occulto.»

Un sospiro.

Tutto quel pezzo di storia mi suscita curiosità.

«Sono stati i fantasmi, in passato, a spiegarci come proteggerci dai demoni, grazie alle loro conoscenze.» mi confessa mio padre.

E io sollevo gli occhi al cielo.

Grazie per l’infodump, papà.
Grazie per tutto questo mansplaing.

Soffro di amnesie ricorrenti, ma questa cosa già la sapevo!

«Lo conosco» sussurro, con voce carica di emozione, cercando di trattenere il mio sarcasmo. «Lo danno solo agli esorcisti che…»

«…Che rischiano di essere contaminati dalla lussuria» aggiunge secco.
Interrompendomi.

Deglutisco.
Lui sa della mia lussuria.

Lui sa ciò che faccio con Sethar.

Perfetto…
“Bracciale anti-lussuria vieni a me!”

Lo dico sentendomi un po’ una guerriera sailor dark, perché con questa divisa improbabile è questo ciò che mi sento.

Un po’ di protezione dalla lussuria è ciò di cui ho bisogno per proteggere me stessa e i miei poteri da sacerdotessa esorcista.

Una cintura di castità spirituale, insomma.
Grazie padre.
Complimenti ancora.

Esattamente ciò che serve a una vergine disperata che ha una cotta per suo fratello e con una volta matta di sfogarsi…

Ottimo tempismo, Azrael!
Sei sempre il migliore.

Parlare di queste cose con lui mi provoca un certo imbarazzo.

Meglio reagire con sarcasmo.

Lui mi guarda a lungo.
Non con tenerezza.
Ma con un rimprovero velato: come se sapesse tutto.
Ogni cosa.

Mi guarda come si sforzasse di non giudicarmi.
Ma so che dentro lui lo sta già facendo.
E che mi odia per questo.

Perché non sono perfetta come lui vorrebbe.
Anche se le sue parole suonano dolci.

«In te c’è lussuria, Nym, quindi non farti ingannare dai demoni quando varcherai i torii del Fushimi Inari: questo bracciale ti proteggerà da loro: protegge le esorciste dalle tentazioni della carne.»

Esito un istante, poi sollevo lentamente il braccio, lasciando che sia lui stesso a adornarmi di esso, come un gesto sacro che solo lui può compiere.

Il bracciale striscia lungo il mio braccio, prendendo forma.

È più pesante di quanto immaginassi: sento tutto il peso della magia che porta in sé.

Scivola sul mio polso e, per un istante, lo sento sospirare, infastidito.

Questo kami mi proteggerà, lo sento.
Anche se sembra un po’ tsundere nei modi.

«Ti proteggerà dai demoni, Nym. Ma attenzione: non è invincibile. Se il cuore cede… nessuna giada potrà mai salvarti.»

Annuisco per dimostrargli di aver capito. Ma dentro di me una strana inquietudine cresce.

Abbasso lo sguardo sul bracciale per proteggermi dalla paura che provo per tutto ciò che dovrò affrontare oggi.

«Grazie, padre» mormoro con tutto l’affetto che provo per l’uomo che mi ha salvata dalla solitudine dandomi una casa tanti anni fa.

Lui china il capo come saluto, poi indica con lo sguardo il sentiero in pietra che si snoda oltre il portico, tra le lanterne spente e i rami del prugno che cominciano a perdere le prime foglie.

«Adesso vai a salutare i fantasmi che stanno nel nostro giardino di casa; ti stanno aspettando.»

Mi volto verso di lui, sorpresa.
Non capisco perché vuole che io vada lì.

«Intendi il giardino dove sono sepolti gli antichi antenati della casata?»

Lui scuote la testa, con un mezzo sorriso che sembra divertito.

«No. Non quelli, Nym. Quei fantasmi non si paleseranno mai a te, perché non sei della nostra famiglia.
Parlo dei fantasmi che vagano senza terra.
I fantasmi erranti.
Quelli senza patria.
Quelli che nessuno sa chi sono, né da dove vengono.
Ti vogliono bene, lo sai?
Sono affezionati a te.
Poco fa ti stavano cercando.»

Ah. Bene.

Ho anche un fandom ultraterreno.

… Ma non quello della Casata del Sangue Vivo.
Che peccato!

Mi aspettavo una rimpatriata spirituale con i parenti fantasmi come se fosse Natale, mannaggia.

Mi ero già preparata lo stomaco per deliziare delle pietanze di una ipotetica nonna fantasma mentre mi prepara un bel ramen fatto in casa.

Uffa.
Che delusione.

Sfuggo al suo sguardo, per trattenere una risata, dato che lui è serio in questo momento.
E mi sovviene una domanda.

“Perché mai dei fantasmi erranti dovrebbero volermi bene?”

Azrael sospira.
Come se mi leggesse nella mente, e risponde a quella domanda senza pensarci due volte.

Per effetto della sua telepatia di padre.

«Ti vogliono bene perché siete simili, Nym: entrambi senza origine. Entrambi senza famiglia. Entrambi non con la stessa confusione addosso riguardo a chi siete.»

Finalmente qualcuno che mi capisce.
Certo… sono spiriti tormentati.
Ma chi non lo è, al giorno d’oggi?

Quel pensiero mi scalda il cuore.

Che siano loro il mio posto nel mondo?
Gente simile a me?

Chissà…

La risposta a quella domanda, questa volta, me la dà il vento.

Si alza piano, muovendo i lembi del mio nastro nero in direzione del giardino dei fantasmi come un invito a cercarli.
E anche questo lo interpreto come un segno voluto da Dio stesso.

Così, su consiglio di quel vento, mi dirigo verso il sentiero indicato da mio padre dove mi aspettano quelle anime irrequiete senza casa…
E senza un posto nel mondo.

Proprio come me.

Forse, solo per qualche istante, tra miei simili, tra gente che non sa chi è né da dove viene, anch’io forse smetterò di meno sentirmi sola, e mi sentirò finalmente capita.

Finalmente troverò gente con problemi d’identità più grossi dei miei, e la cosa mi rasserena un po’.

Anche se non è esattamente una consolazione, immagino.
Ma il dolore che si prova fa meno male quando è condiviso con gli amici.

E forse per qualche momento, in mezzo a loro, smetterò di sentire quel vuoto esistenziale che da sempre provo.

Un vuoto che neanche l’amore per Sethar ha mai saputo colmare.