♰ Capitolo 13: Il Bottone del Desiderio ♰

mela

Siamo sepolti.

Sepolti vivi.

Da una terra trasparente all’interno e bruna all’esterno.

Una terra che per fortuna, ci nasconderà dalla morte che si aggira da queste parti.

Nel suo regno fatto di passato, presente e futuro.

La fossa.

Non riesco a vedere Sethar,  ma la sua voce — gentile come la rugiada sulle foglie al mattino — mi raggiunge attraverso il bottone del cuore, facendomi morsicare le labbra per l’emozione per tutta quella intimità tra noi.

«Tu probabilmente lo hai dimenticato, Nym.»

Un sospiro mentale.
Il suo.
Una carezza telepatica.

«Hai dimenticato cosa sta succedendo al College dell’Occulto, vero?
A causa delle tue amnesie…»

Il suo pensiero vibra attraverso il mio. Come se fossimo separati e uniti allo stesso tempo.
Come un filo d’oro che unisce due cocci di uno stesso vaso attraverso l’arte Kintsugi.

Tossisce, e prosegue a parlare.

«Stanno sparendo delle giovani ragazze in quell’istituto, Nym. Una dopo l’altra. Nessuna traccia.
Nessun indizio.
Solo ombre nei corridoi e grida soffocate tra le mura di pietra. Tutto avviene a tarda notte quando nessuno guarda.»

Quella rivelazione mi mette addosso una strana inquietudine, dato che, a breve, in quell’istituto ci sarò anch’io.

E che sono una ragazza.

«I motivi sono ancora oscuri.»

Una pausa.
Un sussulto.
Un tremolio.
Del suo pensiero stanco.

Non proferisco alcuna parola per lasciarlo sfogare.
Ma ascolto avida ogni sua parola.

«Sospettiamo che c’entri un certo demone. Un kitsune. Un nome che si sussurra con terrore tra gli studenti dell’istituto come una sorta di incubo o maledizione.
Il suo nome è Inari Ren.»

Quel nome mi rimbomba nel cranio.
Infondendomi paura.

Inari Ren…

Ho già sentito quel nome da qualche parte.

Forse nelle storie che mi raccontavano da piccola per farmi paura.

Quel tipo di demone…
Un demone dominato dalla lussuria.

Ma Sethar interrompe le mie riflessioni insidiose.

«Quel bastardo è un mutaforma bravo in tutto. Ossessionato dalle donne.
Nasconde le sue tracce impossessandosi di vari corpi, e — così facendo —non lascia mai una prova di ciò che fa.
Noi cerchiamo proprio quella prova schiacciante, Nym: una traccia! 
Per presentarla davanti Dio e il suo consiglio celeste di serafini per incastrarlo e giustiziarlo!»

La rabbia che prova è incontenibile.

«Sappiamo che è lui il responsabile di tutto questo ma non riusciamo mai a smascherarlo.
È fin troppo furbo.
Abbiamo il movente, abbiamo gli indizi ma ci manca una dannata prova per incastrarlo. Dannazione.»

Il cuore mi batte più forte nel petto per la sua agitazione implacabile.

Soprattutto perché tra i banchi o per i corridoi potrei sicuramente trovarmi davanti quel soggetto singolare.
E potrebbe essere pericoloso.
La cosa mi crea paura e eccitazione allo stesso tempo.

«Io non posso più indagare, Nym,» continua Seth, stracolmo di disgusto per la condotta morale di quel mutaforma. «Ho dato troppo nell’occhio l’anno scorso mentre lo pedinavo ovunque.
E neppure nostro padre può avvicinarsi all’istituto ormai: lo caccerebbero prima ancora che possa mettere piede lì dentro.»

Una pausa, lunga, grave.
Poi di nuovo la sua voce torna, flebile, decisa.

«Sei la nostra unica possibilità: devi indagare tu per noi. Fartelo amico e poi incastralo in qualche modo con la tua femminilità.»

Silenzio.

E in quel silenzio, per la prima volta, capisco.

Capisco cosa mi chiede di fare.

Sedurlo…

Io?

Sedurre un kitsune?

Una missione impossibile!

Immagino che questo viaggio verso il college dell’Occulto sarà molto più difficile di quanto avessi previsto.

Sethar si fa avanti di nuovo con la sua voce calma e imperturbabile nonostante i mille avvenimenti.

«Nym… c’è una cosa che non ti ho detto.»

Il suo tono non mi piace.
Ma sto zitta ad ascoltarlo.

Il bracciale di giada vibra e illumina il mio braccio.

Dopo qualche tentennamento, Sethar continua.

«Quel bottone… non è solo un legame tra me e te. Non è solo il simbolo del mio affetto.
Contiene un desiderio. Uno solo. Che puoi esprimere adesso, se vuoi.»

La cosa mi stordisce.

Un desiderio?
Davvero?
Per me?

Nessuno mi aveva mai donato niente.

Sethar capisce la mia emozione e per questo gli scappa un sorrisetto che percepisco dalla sua voce divertita.

«Se vuoi… puoi usarlo,  anche adesso Nym: puoi saltare i 49 giorni nella Fossa e andare dritta all’istituto.
Non devi restare qui con me se hai paura.
Non voglio farti fare questo.
E io so che tu… tu hai paura, lo percepisco. Quindi lasciami indietro e vai.
Io me la caverò benissimo qui sotto.
Non ti preoccupare per me.»

Le sue parole mi risplendono dentro come un’alba rassicurante dopo una notte buia.

Di quelle che mi spaventavano da bambina.

È un dono immenso quello che mi sta facendo. Eppure…
Non so come reagire.
Una parte di me non vorrebbe lasciarlo qui.

«Aspetta,» sussurro nel pensiero, cercando di non vacillare.
Di non farmi tentare subito dalla sua proposta per non lasciarlo indietro.

«Perché hai un bottone capace di esaudire desideri?
Da dove viene questa magia?»

Lui fa un altro sorriso che mi scalda le guance.

Adoro quando ride.

Lo percepisco da come mi raggiunge la voce che in questo momento è divertito e a disagio da tutte le mie domande.

«Non dirlo a nostro padre, Nym… Ma a volte, quando sono nell’istituto, mi mischio alle altre creature. E con alcuni di loro… beh, scambio piccoli favori in cambio di qualcos’altro.
Questo bottone, ad esempio, me lo ha dato una shamana, mia conoscente, che pratica la magia bianca.»

Una shamana?
Una creatura che pratica la magia?

Che cosa strana detta da Sethar!

Nella nostra setta la magia è una cosa vietata.

Mi stupisce che Sethar faccia certe cose quando sta lì, all’istituto.

Quel dubbio mi scuote, quindi chiedo altre spiegazioni senza pensarci due volte.

«Scambi di che tipo, Sethar… spiegati meglio.
Non sarà forse qualcosa di demoniaco?»

Quelle parole che gli rivolgo mi lasciano molte altre domande addosso.
Del tipo:
“Che scambi potrai mai volere, Sethar, dalle altre razze?”

Aspetto una sua risposta secca e esplicativa, ma è proprio lì, in quel momento, che una presenza dalla consistenza calda e rassicurante si avvicina a noi, aggirandosi tra la terra umida.

Non può essere altro che lui.

La morte.

Lui.
Che fa i suoi controlli.

Aggirandosi da queste parti.
Strisciando con il suo vestito fatto di anime rassegnate a lui che gli si appicciano al corpo, e che lui si trascina sempre con sé.

Sethar deglutisce.
Lo sento che anche lui ha paura.

Per quanto sia forte, la verità è una sola.
Tutti hanno paura della morte.
Persino uno coraggioso come Sethar.

Le spiegazioni di Sethar che mi aveva rivolto fino a quel momento si dissolvono a metà pensiero per effetto della parole che gli si congelano sul palato, bloccandosi.

Non fa in tempo a spiegarsi.
Impaurito com’è da quella presenza che si aggira in cerca di noi.

E per questo lui trattiene il fiato.

Poi lo sentiamo.
Una strana beatitudine di calma, come una carezza soave che scalda il cuore.
È questo ciò che ti fa la morte quando si avvicina: ti infonde paura.
E allo stesso tempo pace.
Perché quando c’è la morte tutto il resto si annulla e non esiste dolore.

Per questo al suo passaggio emana beatitudine; e io per quella sensazione sono sempre stata un po’ attratta.

La Morte si aggira tra noi, come un ispettore notturno, alla ricerca di trasgressori da punire.

Intrusi nel suo regno.

Fa i suoi controlli.
Fiuta.
Valuta.
Tasta ciò che è vita qui dentro come un usuraio tasta le monete false.

È alla ricerca di voci, respiri, pensieri.

In poche parole sta cercando noi.

Noi invasori di questo posto.
Parassiti da eliminare.

Sa che siamo qui ma non sa dove siamo: la terra ci copre, anche se noi vediamo lui.

Così passa oltre, ci passa attraverso, lasciando dietro sé petali di fiori sakura rosa che crescono e appassiscono al suo passaggio.

Alcuni cadono dal suo cuore fiorito che appassisce di continuo nel petto.

Un’immagine sublime e allo stesso tempo malinconica.

Come il mono no aware che si porta dietro.

Tutto in lui è quel sentimento.
Lui è la sua esatta personificazione.

Allegoria vivente del sentimento della “caducità di tutte le cose”.

La Morte.

È ben diversa da come l’avevo sempre immaginata.

Non uno scheletro con la falce.
Non un’ombra oscura.

Ma un ragazzo.
Un ragazzo bellissimo.

Dalla pelle del bianco più splendente, come quello delle lapidi fatte di marmo pregiato: bianco, eterno… ma anche algido all’aspetto.

Completamente vestito di anime che non riflettono la luce, ma la inghiottono soltanto.

Il suo vestito cambia tonalità come un fiore morente: ora rosa, ora grigio, ora d’oro pallido e bruno.

È grigiore e brillantezza del fiore insieme.

Indossa abiti larghi alla moda, cuciti con resti di anime evaporate che si trascina addosso, come una sorta di kimono: inserzioni di rimpianti, bottoni di promesse mai mantenute, speranze infrante, rimorsi e rimpianti dei defunti.

Lo guardo a ogni suo passo…
Mi affascina vederlo sbocciare fiori che muoiono subito dopo.

Li calpesta.
Ma non per crudeltà.
Perché tutto ciò che la Morte sfiora, per definizione, è condannato a finire.

Non cammina: cade lentamente nel mondo.
Come un petalo troppo stanco per restare sull’albero.

Non è inverno già morto, ma primavera che sta per morire; e tutto questo infonde una poetica malinconia.

Ogni suo passo è una stagione intera condensata in un attimo.

La Morte canta a chi ha paura; alle anime che si porta dietro.
Per tranquillizzare tutti quanti.
Per dire a tutti “va tutto bene”
E in quella vibrazione, ogni paura evapora.

Al suo passaggio… l’aria odora di niente. E non si sente più il dolore.

È inquietante, ma anche affascinante.

Dicono che il suo tocco sia caldo, e non freddo come molti penserebbero.
Perché ti consola, prima di portarti via con un bacio sulle labbra o sulla fronte.

Fin da bambina, dai racconti che mi faceva mio padre, ho sempre avuto una cotta per lui.

Chissà…
Magari sarà lui la mia casa?

Il mio posto nel mondo?

Ancora non posso saperlo.
Eppure quel pensiero mi rende strana e mi fa vacillare.

Conosco storie di varie donne che sacrificano la propria vita pur di incontrarlo.
E io adesso ce l’ho lì, a portata di mano.

Questo essere bellissimo che potrebbe portarmi sempre con sé, cantandomi, e non facendomi provare più nulla.

Sarebbe bello.

Lo guardo muoversi lento lontano da noi. E, non appena è lontano, Sethar continua a parlare, nonostante la voce tremolante.

«Nym devi andartene via da qui, non lo vedi? Questo posto è pericoloso!»
Mi impone, terrorizzato all’idea che quella cosa possa farmi del male. «Scappa. Vai. Non c’è più tempo.
DEVI ANDARE ORA!»

La sua voce si fa più seria.
E io faccio come mi comanda.

«Usa il bottone, Nym. Vai avanti! Non ti fermare!
Entra nel college prima di me, in incognito.
Hai la forza.
L’istinto per cacciare quel demone.
E hai qualcosa che nemmeno io possiedo: un fascino di donna per attirare quel kitsune perverso.
Hai tutte le carte per smascherarlo.»

Stringo il bottone tra le dita in cerca di una fuga.

Ho un solo desiderio a disposizione.

Uno solo.

E io so già cosa voglio chiedere…

Così grido dentro di me, e con tutta la forza che ho nella lingua della nostra casata:

«Sael veyar im kaeth ar’alun…»

Traduzione:
Voglio uscire da questa tomba!

Voglio andarmene via.
Voglio salvare quelle ragazze.
Voglio combattere.
Voglio vincere.

E riportare la giustizia nell’ istituto.

Quindi sì, preparati, College dell’Occulto.
Sto arrivando.
E stavolta non avrò paura.

Dimostrerò a tutti che anch’io sono capace.

…e tu, Inari Ren.

Hai i giorni contati.
Perché stavolta, sarà una donna a rubarti il cuore.
E non il contrario!

Ti consegnerò alla giustizia divina!