♰ Capitolo 17: La Crew dei Demoni Bad Boy Senza Cuore ♰

Quattro demoni.

Quattro pezzi di carne maschia che inspira in me le cose più indicibili.

Sono…come un cortocircuito tra estetica idol e teologia apocrifa.
Una boy band infernale lanciata dritta da una mente disturbata che ha letto troppi archetipi sexy, troppa religione orientale e straniera, e di sicuro troppi manga yaoi.

Ce l’hanno scritto in faccia: sono i tipi di ragazzi che ti rovinano la reputazione, l’equilibrio ormonale e la vita interiore.
E lo fanno con le mani in tasca, una mascella scolpita e un’aura da “non provo emozioni, ma scrivo comunque canzoni su di te” e sull’amore In generale.
Insomma meglio stare in guardia da tipi del genere.

Il primo ha i capelli rosa.
Un rosa tenue, ma elettrico.
Non sembra tinto.
Sembra… naturale.

Ha lo sguardo di un guerriero spirituale, uno che ha perso tutte le battaglie, ma continua a combattere per principio.
Mi ricorda un Asura dei testi buddhisti: esseri di desiderio e collera, troppo orgogliosi per inginocchiarsi, troppo feriti per amare.
Sì, lui è questo… un Asura!
Un guerriero caotico neutrale.

Nella cosmologia buddhista, sono creature semi-divine. Esseri irrequieti, condannati a un’eterna lotta per gelosia, brama, orgoglio. E lui è esattamente così: uno che ti bacerebbe soltanto per sfidarti.
Soltanto per buttarti dentro a una dinamica relazionale fatta di guerra e pace.

I suoi occhi? Due abissi color ossidiana, o forse rame fuso — occhi che ardono come braci di rabbia repressa. Occhi da campo di battaglia. Non guardano: giudicano, sfidano, consumano.

Li guardo come si guarda un’eclissi solare: con stupore e meraviglia.

Sono così belli, così intensi, così fuori luogo da sembrare sbucati da una pubblicità di un profumo infernale.
E stanno tutti fissando me.
Quella che due minuti fa si è persa in un dilemma filosofico davanti a due statue bavaiole e depravate.

Il secondo ha i capelli verdi azzurri, come le onde di un mare incantato che si rifrangono in un deserto eterno.

Gli altri lo chiamano Jinn.

E appena sento quel nome, un brivido mi attraversa la schiena.

I Jinn — secondo la tradizione islamica — sono spiriti creati dal fuoco senza fumo, liberi, inquieti, potenti.
Possono essere benigni o malvagi, ingannatori o protettivi.
Possono scomparire nell’aria o entrare nel cuore di qualcuno e non lasciarlo mai più.
Sono creature a metà tra la maledizione e la poesia.

Ha una mascella tagliente come una lama rituale e labbra carnose che sembrano fatte apposta per dire bugie poetiche o pericolose verità.

Lui, nello specifico…
è il tipo di Jinn che ti racconta bugie bellissime solo per vederti piangere più intensamente.
Lo capisco da come mi guarda.

È alto, ma non in modo intimidatorio — in modo tentatore.

La pelle è ambrata, di una tonalità calda e misteriosa, come sabbia baciata da un’eclissi.
Ha spalle larghe e movimenti fluidi come se ogni suo passo fosse una danza invisibile al ritmo di un tamburo antico.
Sotto la giacca aperta, si intravede una maglietta scura con scritte arabe stilizzate. Forse una preghiera.
O una maledizione.

I suoi occhi sono chiari, inafferrabili.
Un colore che non si capisce: a tratti sembrano grigi, a tratti verdi, a tratti… vuoti.

E quando mi guarda, ha quel sorriso da fuorilegge cosmico, quello che ti fa capire che ha rubato più cuori di quanti ne abbia mai restituiti.

Sussurra qualcosa.

Una battuta. Non capisco le parole.
Ma so che sta ridendo di me.

Ma la cosa mi piace.
E diciamocelo…
Un po’ mi eccita.

Il ragazzo dai capelli grigi, invece, appare più gentile degli altri.

Non è solo per il colore dei capelli — che sembra rubato all’inverno, a una mattina di nebbia, o al pensiero che hai quando ti accorgi che la vita sta passando e che tu stai invecchiando — ma la sua dolcezza risiede nel modo in cui ti guarda.
Come se ti stesse leggendo dentro.
E, nonostante tutto… stesse scegliendo di non giudicarti.

Lo riconosco subito.

È un Daimon.

E non parlo dei demoni classici — parlo della parola greca: δαίμων.
Una guida interiore, una scintilla divina.
Una coscienza che non sempre è dalla tua parte, ma che sa.
Socrate diceva di avere un Daimon che lo avvertiva quando stava sbagliando.

Ecco: lui ha quell’aria lì.
Di uno che sa tutto.
Di un filosofo.
E sceglie spesso il silenzio.

Indossa una camicia nera con il colletto leggermente sbottonato, un filo di catena d’argento gli spunta dalla clavicola.
I pantaloni sono eleganti, ma portati con una sciatteria estetica studiata.
Perfetto. Inafferrabile. Ha il fascino del professore universitario sexy.
Quello che ti snobba, ma ti fa innamorare ancora di più con la sua indifferenza.
Il tipo che ti fa venire voglia di rovinargli la reputazione, soltanto per scomporlo nella sua perfezione.

La bocca è sottile, serrata.
Ma gli occhi…
gli occhi sono pieni di domande che non fa a te, ma a se stesso.

E capisco, osservandolo, che lui non ti guarda soltanto.
Ti analizza.
Ti studia.
Ti disfa.

Mai innamorarsi di uno così…
Mai innamorarsi di un Daimon.
Di un uomo filosofo.

Perché saresti solo il suo nuovo esperimento emotivo.

Infine c’è quello che ha la bellezza di un angelo.
Non in senso metaforico.

È un vero angelo.
Un angelo caduto.
Un angelo che un tempo apparteneva al cielo.

Lui è stella del mattino.
Lucifer.
Famosissimo nella nostra religione.

È come quelle illustrazioni di ispirazione medievale appese nella mia camera.
(Accanto al poster delle boy band).
Troppo bello per non essere pericoloso.

Ha i capelli biondi, di un biondo celestiale, quello che ti aspetti sulla testa di un cherubino mosso solo da intenzioni divine.

Solo che lui — di intenzioni buone non ne ha nemmeno una.

Indossa un completo candido, perfettamente bianco e pulito, tagliato alla perfezione, ma portato con quel nonchalance sacrilega che dice “sono nato per trasgredire le regole celesti, e lo faccio in smoking.”

La pelle è luminosa.
Lo sguardo… acuminato.
Due occhi chiari che ti trapassano, come se già conoscessero la lista dei tuoi peccati — e ne stessero scegliendo il preferito.

Sorrido nervosa.

Mi ripeto che lui è il portatore di luce.

L’angelo caduto.
La stella del mattino.

Quello che mio padre mi raccontava come favola per farmi spaventare.

Colui che un tempo sfidò il Cielo…
E perse tutto.
Tranne il fascino.

Ed è proprio quel fascino che si porta addosso come un crimine elegante.
Ogni suo passo è una bestemmia aggraziata.
Ogni sorriso un sacrilegio.

E io?

Io sono la prossima creatura a cui proporrà di mordersi l’anima — solo per dimostrare che il paradiso… è sopravvalutato.

Li guardo.
Uno a uno.
Questi quattro archetipi viventi della tentazione.
Uno per ogni tipo di ossessione patologica catalogata dalla psicologia post-freudiana.
Sono il caos con la coreografia.
Il disordine spirituale in alta definizione.

E sì, li ho già sentiti nominare da qualche parte.
Forse da Sethar.
Forse da qualche altra sacerdotessa del mio tempio più grande che frequenta davvero questo college.

C’è chi dice che siano solo una leggenda.
Altri giurano di averli visti nei sogni più sudati.
Qualcuno li chiama spettacolo itinerante di disgrazie ambulanti con una voce angelica e problemi di gestione della rabbia.

Ma io… io voglio sentirlo da loro chi sono.

Quindi rifaccio la stessa domanda che i Nio hanno fatto a me.
Sperando che loro, al contrario di me, sappiano chi sono.

Mi schiarisco la voce, cercando di non tremare.
«Chi siete?» chiedo, anche se dentro so benissimo la risposta.
È solo che…
A volte sento il bisogno di imporre all’oscurità di farmi la sua presentazione formale per farmene convinta.
A volte ignoro emotivamente le red flags, anche quando razionalmente ho una comprensione più ampia della cosa.

Dunque quella presentazione mi è necessaria.

Ed è allora che Lucifer — sì, proprio lui, quello bello come una bestemmia ben fondata —
si avvicina di mezzo passo.
L’aria intorno a lui si riscalda. Il tempo perde ritmo. La realtà… sospira.
Si passa la lingua sul labbro inferiore, piano. E sorride.

«Siamo la DBC, amore.»
La sua voce è velluto che squarcia un candido tessuto bianco di seta gelida.
«La crew dei demoni bad boy senza cuore.»

Alle sue spalle gli altri si mettono comodi, come se questa battuta l’avessero sentita un milione di volte. E probabilmente sì — l’hanno anche stampata su magliette.

Asura continua:

«Non proviamo più l’amore.
Siamo Inari, Lucifer, Daimon, Jinn e Asura.
Per il nostro male non esiste una cura…
E nemmeno tu puoi esserlo.
Puoi starne sicura.»

E in quel momento ho come l’impressione che il cielo si stia allontanando.
Che Dio stia facendo finta di non guardare.

Perché iniziano a ballare senza maglietta la loro canzone e io mi sento un po’ eccitata.

Non uno di quei balletti da idol coreani in giacca e cravatta.
No.
Loro lo fanno senza maglietta.

Le loro camicie si aprono da sole. Giuro. Come possedute da uno spirito lascivo.
Scivolano via sulle spalle scolpite, rivelando petti scolpiti come statue del Bernini possedute da TikTok.
La musica parte.
Da dove? Nessuno sa. Forse direttamente dall’Inferno o da uno speaker bluetooth nascosto sotto un Torii.

È la loro canzone.
Quella maledetta. Quella che secondo le leggende, se la ascolti tutta… non ti salvi più.

🎵
D… B… C…
D… B… C…
Questo è il nostro nome, amore
Non lo dimenticare
🎵
Noi siamo il male
Che ti fa godere
E che c’è di male?

Io, nel frattempo, sto dimenticando tutto —
il mio nome, il mio passato, il motivo per cui ero qui.

Attraverso la canzone si presentano uno a uno.
La parte di Inari la cantano a turno, perché lui in questo momento non c’è — e scopro che anche lui fa parte di quella band di dannati.

La parte di Inari recita così:

🎤
Inari Ren, il demone che ha perso il cuore
Tu vuoi l’amore?
Io inseguo solo il piacere…
Sono il non amato
Maledetto dal fato
Tra mille corpi cerco ancora lei
che non ho mai dimenticato
🎤

Capisco che lui è un demone playboy governato dalla lussuria.
Ma questo già si sapeva.

Lucifer, nel frattempo, mi guarda negli occhi.
E canta la sua parte con una sicurezza da leader della rivoluzione contro Dio.

🎤 La sua parte recita:

Davanti al cielo non mi piego
E tra le tue cosce sussurro il mio credo…
Tradito dal cielo mi sono fatto fiamma,
Il mio amore ti seduce
Poi ti condanna.
Siamo DBC, amore!
La crew dei demoni bad boy senza cuore!

Io. Sto. Impazzendo.

Perché il loro corpo si muove al ritmo di un battito cardiaco collettivo — ma è il mio cuore che sembra sincronizzarsi a quel ritmo.

Asura lancia la maglia come un’arma da guerra.
Daimon sfiora la fronte col pollice e mi studia, come se fossi un esperimento in laboratorio sotto un neon rosa.

E io…
io mi sento eccitata come mai prima nella mia intera, castissima, vita da esorcista repressa.

Poi viene la di Jinn.

🎵
Jinn il demone tentatore,
Ingannatore,
Sono solo un bastardo calcolatore
Il bro a sangue freddo
Del male che faccio non mi pento.
Nato in tempesta,
Cresciuto tra menzogne.
Sono un tipo frivolo.
Mi piacciono le gatte morte!

🎤 A seguire quella di Daimon:

Daimon pensa,
Analizza ciò che a dentro
Cuore perso nel dubbio
Nella mente che sempre pensa
Troppe domande
Troppe verità nascoste
Esigo risposte
Non credo più all’amore
Solo alla ragione.

Canta in pieno stile da Daimon filosofico.

E infine c’è Asura.
Questa icona chic dai capelli rosa:

“Asura, il veterano
Sempre pronto a proteggere ciò che amo
Il dolore mi ha forgiato
Ora vivo nel peccato
Senza rimorsi per avere un potere immenso
Essere forti adesso è il mio unico credo
Sempre in bilico tra bene e male
Caotico neutrale è il mio orientamento”

Mi soffermo sulla loro canzone e noto una cosa curiosa.
Questi demoni bad boy senza cuore lanciano fin troppi segnali contrastanti!
Da un lato, dalle loro presentazioni, si evince che non ti ameranno mai, ma poi il ritornello recita:

“Siamo la DBC, amore
La crew dei demoni boys senza cuore
Non proviamo più l’amore…
Inari, Lucifer, Daimon, Jinn e Asura
Magari per noi sarai tu la cura.
🎵

E a un tratto capisco.
Forse è anche un desiderio degli esseri senza cuore quello di voler essere curati nella loro incapacità di amare.

⬇️ 👇 Ascoltate la canzone


~ FINE PRIMA PARTE

INIZIO SECONDA PARTE ⬇️ 👇 ~

Quando la musica finisce, non respiro.

Si fermano, brillano di sudore e desiderio proibito.

Mi fissano, ho la sensazione che stiano aspettando qualcosa.
Una mia parola.
Un mio passo.
O forse solo il mio cedimento.

E non so se baciarli, esorcizzarli, o chiedere il replay.

Il mio cervello tenta di formulare un pensiero razionale, ma viene interrotto da Jinn, che si sistema i capelli — ormai umidi e sensuali — come se fossimo in un videoclip sponsorizzato da shampoo alla seduzione.

«Spero ti sia piaciuto il nostro balletto sexy,» mi dice ammiccando.
«Abbiamo provato solo settanta ore questa settimana.
Asura piangeva durante le flessioni.»

«E quel sudore l’ho venduto in delle ampolle alle fan su OnlyHellFans!» sbotta Asura, incrociando le braccia da bodybuilder guerriero del karma.
Poi mi guarda e aggiunge, serio: «Io piango solo quando combatto o quando ascolto le ballad di Ghibli.»

Daimon, invece, prende un taccuino dalle scarpe e scrive qualcosa.
Lo fa con aria grave, come se stesse registrando una nuova sindrome che lo colpisce solo davanti a ragazze confuse e con gli ormoni in rivolta.

«Sintomi: arrossamento irregolare, respirazione accelerata, squilibrio tra repressione e lussuria. Diagnosi: shock da boy band infernale.»

Io lo guardo malissimo.

Lui risponde senza staccare la penna dal foglio: «Sì, sì, continua pure a negare. È parte del decorso.»

Poi Lucifer si passa la mano tra i capelli come se fosse in slow motion.
Solo che non è uno spot.
È la vita reale.
E il bastardo lo sa.

«Di solito dopo lo show ci lanciano le mutandine, tu perché non lo fai?,» mi dice, sollevando un sopracciglio beffardo.
«Ma apprezziamo anche il silenzio religioso.»

Lo ammazzerei.
O lo bacerei.
O entrambe le cose in sequenza casuale.

«Cioè… siete veri?» riesco solo a balbettare.

Lucifer — che fino a quel momento se n’era stato in disparte come il protagonista drammatico di un anime troppo bello per parlare finalmente si muove.

Mi lancia uno sguardo.
Uno solo.
Basta a fare cortocircuito a tutto il mio sistema nervoso.

«Ti sembrano falsi quattro demoni sexy, sudati e intonati che ballano senza maglietta davanti a un tempio sacro?»
La sua voce è bassa, graffiante.
Un sussurro eversivo che suona come: “vieni con noi o perdi l’anima per sempre.”

Lo fisso.
E per un istante penso seriamente di offrirgli il mio cuore su un vassoio.

Ma poi Asura inciampa sulla propria felpa e cade addosso a Lucifer.

Lucifer lo spinge via con un’espressione da “non mi toccare, coglione guerriero”.

Ed è allora che mi scappa una risata.
Capendo che neanche loro sono perfetti.

«Bro, il nostro brand è minacciato ogni volta che ti muovi.»

«Scusa, scivolavo sul mio stesso carisma.»ride l’altro.

«Questo sudore sa di testosterone infernale» mormora Daimon, continuando ad annotare nel suo taccuino.
«Altamente tossico: possibile minaccia ambientale.»

Jinn si volta verso di me e mi dice con il tono più serioso del mondo:
«Non ti preoccupare, umana vestita da gothic nun lolita: se ti senti stordita è normale. Effetto collaterale da contatto ravvicinato con l’estetica soprannaturale di noi demoni bad boy idol super sexy.»

«In realtà… sto bene. Non mi avete fatto nessun effetto.» mento.

E loro lo sanno bene.

Lucifer mi punta un dito contro. «Hai battito accelerato, pupille dilatate e sembri pronta a far parte del fanclub non ufficiale. Altro che stare bene.»

«Non sono tipo da fanclub!» protesto.
Anche se il mio atteggiamento da fangirl nei confronti dei miei gruppi musicali che mi piacciono prova tutto il contrario.

«Con noi cambierai idea.» dice Asura facendomi l’occhiolino.
«E tu sei la nostra nuova groupie/ crush apocalittica.»